domenica 5 giugno 2011

Tutto è bene quello che finisce bene ma è necessario rimboccarsi le maniche


Non che non abbia argomentazioni o che quanto accaduto in questi mesi sia riassumibile in poche righe, ma credo che le persone (mi riferisco essenzialmente ai Sanvitesi) che hanno lavorato in questi mesi pro-impianti e contro-impianti abbiano già toccato ed elaborato tutti i temi che era giusto trattare su questi discorsi. Non mi dilungherò quindi sui fatti passati.
Solo per chi non fosse a conoscenza di cosa sia accaduto, e non volesse leggere i miei post precedenti, riassumo quanto accaduto. Il comune di San Vito di Cadore, questo inverno, ha presentato uno studio di fattibilità della società, partecipata dal comune stesso, Impianti Scoter s.r.l. che prevedeva la realizzazione di nuove piste e relativi impianti di risalita a ridosso delle Rocchette, in una delle poche zone delle “nostre” dolomiti rimaste intoccate dagli impianti sciistici. Con tutte le giustificazioni pro (essenzialmente riassumibili nell’attirare maggiore turismo per ravvivare l’economia del paese) e tutte le giustificazione, secondo me più sensate, contro (impianti che partono al di sotto dei 1500mt, bilanci in passivo per le attività sciistiche negli ultimi anni, rischio che il turista non si fermi a San Vito ma continui a preferire altre mete, scarsa sostenibilità naturalistica del progetto, grossi interrogativi relativi al finanziamento del progetto stesso, non ultimo e maggiormente importante da considerare il rispetto verso la natura e i suoi luoghi conservati tali nei secoli), a decidere se quegli impianti avessero potuto proseguire il loro iter burocratico sono state le Regole di San Vito, proprietarie della maggior parte dei terreni e che senza il loro parere vincolante su una relativa cessione, nessuno avrebbe potuto nulla. Almeno su questo anche l’attuale amministrazione del paese era d’accordo. Fortunatamente per chi la vede come me, le Regole hanno dato parere contrario alla cessione. Si spera quindi che il progetto vada definitivamente cestinato. Si spera, a questo punto, che venga stralciato anche quanto previsto relativamente a questo collegamento nel piano neve.
San Vito però ora deve dimostrare di saper sfruttare un nuovo tipo di economia, in qualche modo turistica, ma non solo evidentemente.
A tal proposito è interessante questo articolo (sulSole24Ore, mica sull’Unità!) che analizza le falle di un sistema economico prettamente turistico.
Dal mio punto di vista tutta l’economia montana (non solo veneta) dovrebbe guardare di più al modello altoatesino da un lato e dall’altro dovrebbe dimenticare vecchi ed inutili rancori territoriali.
La soluzione, che andrebbe però studiata dal punto di vista pratico con gli esperti burocrati, dovrebbe essere indirizzata verso attività di tipo consortile che aggreghino le piccole realtà locali per farne una grossa potenzialità verso i vicini, verso il mondo.
Rimanendo a San Vito penso che si potrebbe recuperare l’attività di pascolo, al limite disboscando in modo controllato (certamente il disboscamento per pascolo non sarebbe paesaggisticamente invasivo quanto le “lingue” di prato che vengono a crearsi grazie alle piste da sci che tagliano i boschi). Le vecchie casere o malghe in disuso potrebbero riprendere a funzionare per la produzione reale. Un consorzio che esporti poi i prodotti locali dentro e fuori la realtà della valle del Boite potrebbe portare a rendere questa piccola produzione locale, una produzione di nicchia avvalorata dalla sua provenienza. Certamente a questo tipo di attività potrebbe essere affiancato un turismo consapevole ed ecosostenibile. Non penso ai turisti che vanno a mangiare nelle malghe (almeno non sarebbe questo il mio modo di concepire il turismo) anche se uqesta potrebbe essere una delle attività possibili ma penso soprattutto a persone che vengono guidate, esclusivamente su percorsi pedonali o al limite in mtb o a cavallo, a partecipare più o meno attivamente alla vita del casaro o del pastore. Alle semplici visite ai sistemi produttivi penserei a degli affiancamenti per brevi periodi dove, pagando, è possibile imparare e capire le difficoltà del lavoro a contatto con la natura, affiancando realmente per periodi limitati (qualche giorno) i malgari o i pastori o altri lavoranti. Questa declinazione turistica sarebbe meramente estiva per cui in inverno forse sarebbe da prevedere una vocazione di tipo escursionistica del turismo. L’idea di guidare le persone in escursioni con le ciaspe potrebbe essere un modo per avvicinare anche i più sfaticati ad una forma di turismo a reale contatto con la natura.
Non parlo di scialpinismo perché in questo caso si presume che le conoscenze tecniche debbano essere maggiori e dal mio punto di vista è comunque sempre indispensabile far capire a chi non ha mai avvicinato la montagna in modo alpinistico, che a volte anche gli itinerari più banali possono nascondere insidie, anche mortali. La conoscenza del territorio è basilare ed in questo senso che va “creato” il nuovo identikit del frequentatore-turista della montagna. Insomma anche il semplice turista dovrebbe avvicinarsi di più alla figura dell’alpinista.
Ritornando un momento all’economia sanvitese, credo poi che la realizzazione di un consorzio per le attività artigianali, tale da portare alla creazione di un marchio legato alla moda e al design, o anche all’edilizia possa essere un sistema per competere con altre realtà simili che magari hanno più visibilità al di fuori del territorio montano. Penso per esempio a certi marchi come Pircher (alle porte di VIllabassa) che vende un po’ in tutto il Veneto, Friuli e anche Emilia Romagna oppure alla Holzbau, leader nella produzione di travi lamellari per l’ambito delle costruzioni. O magari restando ai vicini concorrenti penso a certi mobilifici che hanno nome e vendono solo perché legati al nome di Cortina.
È chiaro però che per riuscire a realizzare un progetto di questo tipo ci sia almeno un importante nodo da sciogliere, ovvero le infrastrutture per smaltire la viabilità dentro San Vito. Mi auguro che ora l’amministrazione si concentri su questo, perché è  impensabile pensare ad un paese più attivo economicamente che si trovi al collasso nella vita pratica. Ne va del bene della vita lavorativa e degli standard di abitabilità più elementari. Mi rendo conto che questo però è un problema che non va risolto esclusivamente a San Vito ma in tutti i paesi che sono attraversati dalla SS51 di Alemagna.
Ora spero proprio, parallelamente a tutto ciò, venga veramente approvata una politica territoriale più favorevole ai residenti con il blocco per esempio della possibilità di costruire (ed appropriarsi?) di seconde case da parte di chi non è residente.
E arrivando infine ad un altro tema spinoso, credo che per risolvere i problemi della montagna sia necessaria una maggiore apertura ed un maggiore rispetto reciproco tra paesi e realtà confinanti e territorialmente omogenee. Come da Veneziano trovo inutili le polemiche che nascono dal basso ovvero che i residenti del centro storico giudichino “campagnoli” gli abitanti della terraferma veneziana, o peggio ancora di altre province (cosa poi che accade nei confronti dei veneziani, allo stesso modo), credo che in montagna serva più omogeneità territoriale e in questo senso servano nuove leggi che possano favorire queste integrazioni. Per San Vito mi riferisco in particolar modo alla vicinanza con Cortina. Pur conoscendo le varie polemiche “secolari” tra i due paesi, credo che siamo arrivati ad un punto che bisogna guardare oltre e cercare di unirsi. Tanto più che molti ex-cortinesi abitano a San Vito da anni. È quindi necessario che anche Cortina faccia un passo indietro e rinunci ad una certa esclusività per far parte di un progetto più globale che porti realmente a far rinascere la vita, al di fuori del turismo, nei territori della montagna veneta e non.
Certamente è difficile pensare ad una Cortina rinunciataria al turismo massivo, tanto più che da poco tempo sono state approvati l’allargamento di alcune piste sulle Tofane e l’uso estivo delle seggiovie per il trasporto delle mtb con la creazione di relativi percorsi per la discesa (aaargghh! Delirio, soprattutto per uno che come me ama le discese solo se conquistate con la fatica della salita); credo però che Cortina debba fare dei passi indietro per progredire culturalmente. Il modello che segue Cortina ora è quello dello sfacelo economico/morale dove conta il proprio guadagno a discapito di chi non ha la possibilità di intervenire in una certa logica di mercato. Ed è proprio in questo senso che la società va cambiata, non solo a Cortina, non solo in montagna ma in tutto il mondo.
Mi rendo conto che per qualcuno, specialmente questo ultimo punto può suonare come un’eresia ma in fondo questo è il mio pensiero, la possibilità di inserire commenti personali c’è proprio per dar la possibilità a me di capire e magari di contribuire a far ragionare le persone su temi di difficile risvolto pratico.

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