Breve riflessione personale su alcuni spunti di oggi
relativamente all’argomento in titolo al post.
L’intero argomento merita molto più di qualche riga
scritta da me. Anzi, esistono pagine e pagine a riguardo, basta cominciare a
leggere.
Diciamo che tutto ciò è servito oggi a me a prendere
coscienza di alcuni miei errori sui quali non avevo mai riflettuto in modo
adeguato.
C’è da dire però che, apparentemente simili, in realtà le
due libertà sono lievemente distinguibili una dall’altra. La prima, quella di
pensiero, è praticamente innegabile se non con la soppressione fisica del
pensatore o con una sua sottomissione psichica o psicofisica.
La libertà d’espressione o di parola è invece un
argomento più delicato in quanto, esprimendo il proprio pensiero, si può
rischiare di andare a porre delle intenzioni di limitazione alla libertà altrui
(non solo libertà di pensiero ma anche libertà d’azione).
Ecco dunque che la libertà di parola (copio da wikipedia)
“è, nel mondo moderno, considerata un concetto basilare nelle democrazie
liberali. Il diritto alla libertà di parola non è tuttavia da considerarsi
illimitato: i governi possono, sotto l'aiuto delle Nazioni Unite e dei Paesi
che vi prendono parte, decidere di limitare particolari forme di espressione,
come per esempio l'incitamento all'odio razziale, nazionale o religioso, oppure
l'appello alla violenza contro un individuo o una comunità, che anche nel
diritto italiano costituiscono reato.
L’argomento è quindi molto ampio e cercherò di rimanere
nello specifico del mio errore odierno.
Accettando le condizioni per aprire un blog, ogni utente
si impegna a seguire delle regole che in qualche modo limitano la propria
libertà di parola se le espressioni che si usano vanno a interferire con quanto
previsto dalle norme che rientrano nei casi riconosciuti anche dal diritto
internazionale.
Avere però la possibilità di esprimere proprie opinioni
resta un diritto fondamentale.
Ecco quindi che il mio errore nell’esprimermi oggi (e
qualche altra volta in passato) è stato nel modo di scrivere una mia opinione.
Venendo ai fatti d’oggi, esprimevo un mio non piacimento
a dei modi (umani) di manifestare la convivialità. Per gusto personale, opinabile da chiunque,
infatti, non amo i ritrovi chiassosi e, tra le tante cose, il fatto che in atti
festosi, molte persone facciano del canto una prerogativa d’unione.
Chiaramente riconosco che questa è una mia visione, anche
molto criticabile, non solo opinabile, di uno dei tanti aspetti della vita
umana.
Ancora più nello specifico, rispondevo ad una provocazione
banale secondo la quale io mi sarei infastidito di non esser stato invitato ad
una certa festa (cosa non vera e che non mi sono mai posto come problema).
Festa durante la quale molti dei partecipanti ad un certo punto, accompagnati
da un gruppo musicale professionista, si univano ai canti, ognuno a suo modo e
secondo le proprie capacità.
Preso dalla voglia di far capire al mio interlocutore
(tale “Federico”, secondo il nome che esso stesso riportava a firma di un
commento) che questo genere di festeggiamenti non mi appartengono per natura,
ho stigmatizzato il modo di cantare a queste feste come qualcosa che non mi
appartiene e dal quale io vedo bene di starne lontano, dato che almeno il poter
dire cosa mi piace e cosa non mi piace è una mia libertà che non lede quella di
nessun altro; libertà che ho anche nel poter scegliere se andare o meno a una
festa, ad un veneto sportivo, a vedere una mostra, etc. etc. Nel condensare l’intervento,
per far capire il disturbo che tale modo di cantare mi implica ho usato un’espressione,
“sgraziati”, riferita ai toni usati da chi canta a queste feste senza
specificare.
Riconosco che dovevo specificare meglio il contesto e che
quindi ho sbagliato e dato un’immagine che questi ritrovi in realtà non hanno,
se guardati dal più generico punto di vista del comportamento umano e non dal
mio punto di vista personale.
Chiaramente poi i primi attori coinvolti nella
generazione dei canti di questa festa sono dei professionisti che si sono,
giustamente, sentiti tirati in ballo in questa mia poco felice espressione.
E ammetto anche che sono rimasto male nel momento che mi
è stato fatto notare l’errore. Male non perché io non ami cose che piacciono a
tutto il resto (o quasi) del mondo ma perché non intendevo tirare in ballo dei
professionisti che invece cantano con passione e trasporto.
Tra l’altro aggiungo che all’associazione musicale che ho
tirato in ballo va riconosciuto il merito di mantenere e tramandare i canti
della tradizione popolare veneziana.
Non era quindi proprio mia intenzione offendere i
musicisti.
Sembra finita ma non è così, perché in realtà questa mia
riflessione si è spostata ai cantanti non professionisti o meglio ai partecipanti
alla festa, ad alcuni di loro.
Il mio obiettivo iniziale era semplicemente dire che io
non amo la convivialità e ancora di più non amo chi invece volontariamente o
meno si mette in mostra. Ecco quindi che il mio scopo era dire che non sono
assolutamente miei quei modi un po’ da “osteria” (per dirla in modo da capirci
più velocemente ma senza denigrare nessun comportamento) di festeggiare da
parte di chi non ha doti artistiche innate o coltivate. Insomma era un modo per
dire che in mezzo a persone con propensioni (ripeto, anche involontarie) a
mettersi in mostra non mi trovo a mio agio.
In qualche modo, ho quindi offeso anche queste persone e
mi scuso anche con loro. Nel senso che se i cantanti si sono sentiti offesi ma
non era mia intenzione offenderli, le altre persone invece erano l’esempio di
ciò che io detesto e quindi in qualche modo avrebbero potuto sentirsi offese da
questo.
Certo è che comunque nel mio intento non c’era la
limitazione di libertà individuali. Ognuno infatti, secondo come la vedo io,
per quanto possa darmi fastidio, deve continuare a essere se stesso e a
comportarsi come meglio crede (sempre rispettando le libertà altrui).
Concludo.
Nel mio blog (e nella vita reale) non ho mai detto e mai
dirò che io sono meglio di altre persone. Posso esprimere solo modi di pormi,
anche discutibili, ma, di fatto, non esiste una verità assoluta. Anzi senza
nessun problema riconosco anche che è proprio da chi la pensa diversamente che
si può imparare qualcosa di nuovo e mettere in discussione i propri
comportamenti, cosa che, anche se non sembra, faccio spesso; ovviamente poi
mettere in discussione il proprio modo d’essere non comporta per forza un
cambiamento repentino. Cosa che invece parzialmente mi è successa poco fa’.
La mia presa di coscienza di oggi, il mio riconoscere uno
sbaglio dialettico (già ripetuto in passato ma che con accezioni diverse non mi
aveva portato ad una giusta riflessione) mi porterà ad essere maggiormente
attento in futuro nell’esprimere considerazioni di tipo personale che vanno ad
implicare comportamenti umani diversi dai miei. In pratica dico che posso
sempre esprimere le mie opinioni ma c’è modo e modo di farlo e quest’oggi ho
commesso un importante errore di espressione.
Errare humanum est, perseverare autem diabolicum (cliccail link di wikipedia: “…..Il significato è chiaro: l'errare è parte dellanatura umana. Questo, però, non può essere un'attenuante per reiterare unosbaglio, quanto piuttosto un mezzo per imparare dall'esperienza….” e in questo caso rischiava di diventare diabolico)
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