Inizialmente pensavo di scrivere qualche impressione a
commento sulla stagione remiera Comunale 2011 ma elaborando il mio pensiero mi
sono reso conto che i problemi che anche questa annata ha riproposto sono da
ricercarsi in una più generica QUESTIONE MORALE. In questo caso il discorso
sarebbe molto più ampio di quello che segue, anche se in fondo la soluzione a
questi problemi sarebbe facilissima.
Già solo la discussione sulla definizione di “morale” ha
risvolti filosofici, sociali, personali ampiamente dibattuti nei secoli.
Mi limiterò quindi a far riferimento alla morale come
oggetto dell’etica. Il significato di etica si può facilmente riassumere come
la ricerca di un norma (o più norme) che ci permetta di gestire in modo
adeguato la propria libertà nel rispetto delle altre persone.
Le regole e i regolamenti servono proprio a porre dei
limiti ai comportamenti che, messi in atto da singole persone, possono andar a
sottrarre diritti di azione e pensiero a terzi individui coinvolti nello stesso
ambito d’azione.
Ciò dovrebbe bastare a rendere autonomi, nel rispetto del
regolamento, i regatanti già a partire con la sottoscrizione al bando comunale
nel quale si dichiara di aver preso atto delle regole “del gioco”. In teoria
quindi una giuria non sarebbe necessaria per controllare lo svolgimento di una
gara secondo le norme previste. Purtroppo però, nelle gare di voga come nella
vita sociale più in generale, l’uomo cerca sempre di sottrarsi a queste norme
etiche contravvenendo alla morale stessa. Da qui ne scaturiscono deviazioni
comportamentali che le giurie devono punire e che osservatori interni ed
esterni commentano con fervore spesso inutile e pretestuoso.
In pratica, “traducendo”, cosa voglio dire? Semplicemente
che se tutti accettassero realmente le regole (cioè le rispettassero) i
problemi che hanno avuto l’apice con la regata di Burano non ci sarebbero
stati.
Nel mio mondo utopistico fatto di correttezza morale, ricordando
gli episodi che più mi hanno innervosito per la loro netta lontananza dal rispetto sociale e morale di questo 2011 e 2010, potrei
affermare che
- nella
regata di Mestre quel regatante che ha creato scompiglio in seguito ad una
decisione della giuria andava punito in modo più duro;
- nella
regata del Redentore 2011 (ma anche 2010) l’equipaggio vincitore delle due
edizioni andava punito per la volontà messa in atto di chiudere il campo di gara
ai propri avversari nelle fasi finali della gara stessa.
- Nella
regata storica 2010 il gondolino di D'Este-Tezzat nelle prime fasi, prima di
entrare in Canal Grande, ha fatto di tutto per farsi chiudere la strada, senza
mai tentare un approccio diverso più “distante”, in fondo il campo di gara era
molto ampio. Di contro il gondolino in quel momento in testa non doveva
preoccuparsi di andare a chiudere l’avversario ma lasciarlo vogare liberamente. In questo caso forse sarebbe più opportuno pilotare
l'ingresso in Canal Grande con delle corsie: meno furbizia negativa, più
atleticità.
Sempre in quella regata al pontile di Rialto Mercato c’è stato forse l’episodio
più clamoroso, anche questo dettato dalla reciproca smania di prevalere uno
sull’altro anche passando al di sopra delle regole.
- Nella
regata di Burano 2011, l’equipaggio della gondola rovesciata avrebbe ammesso le
proprie responsabilità rendendo la propria versione dei fatti. Il marron
avrebbe lasciato rovesciarsi la gondola arancio senza prima tentare di
impostare un sorpasso al limite del regolamento al giro del palo, nel rispetto
della morale della gara. Cioè le norme di gara prevedono che il giro del palo
avvenga o in fila indiana o paralleli. Se il marron doveva girare al di fuori
dell’arancio, al momento del rovesciamento della gondola arancio sarebbe stato
all’esterno e non ci sarebbero stati problemi di interpretazione su possibili
contatti; in più avrebbe portato a termine la gara al primo posto senza dare
addito a ulteriori polemiche e squalifiche. Se invece si fosse trovato dietro, avrebbe lasciato comunque la gondola rovesciarsi senza dare addito in alcun modo alle polemiche appena citate. Questo per quanto riguarda le prime
due posizioni. Piccolo fatto che mi va di sottolineare: lo scavalcamento della
boa al giro del palo, cosa accaduta negli anni anche in altre occasioni; chi
trovandosi in situazioni contingenti a dover scegliere se rallentare, e perdere
posizioni pur di girare secondo norma la boa, o decidere di passare all’interno
per non perdere la posizione acquisita perché stretto, magari anche
involontariamente, verso la boa stessa, dovrebbe scegliere non secondo comodo
ma secondo la regola. In questo caso avrebbe dovuto spostarsi, da quella
posizione, eventualmente tornare indietro, comunque passare la boa dal lato
corretto. Per me non ci sono altre interpretazioni. L’errore è comunque concesso ma va assolutamente messo in conto di pagarne le conseguenze, anche
autodenunciando la propria mancata correttezza. E tutto senza alzare la voce o
sentirsi privati di diritti, in realtà mai in essere perché contravvenenti le
norme stesse.
È chiaro che questo risvolto della voga, ovvero il
rispetto delle norme, riguarda poi tutta la società civile perché il comportamento di una persona, di
solito, è più o meno coerente al proprio modo di agire abituale. Non c’è
da stupirsi quindi se ci troviamo in situazioni esasperate dal mancato rispetto
delle leggi. Ma volevo restare nell’ambito remiero.
C’è da chiedersi che facciata (e che sostanza) si voglia
dare al mondo della voga veneziana.
Se, come ho il sospetto che molti ritengano, si pensa che
la voga debba rimanere qualcosa di amorale, di acerbo, di fisico e di “preistorico”
allora non credo vada cambiato nulla. Ovvero, se anche agli appassionati piace
discutere arrabbiandosi e tifando in modo socialmente deviato per i propri
beniamini, allora non c’è da cambiare nulla, anzi forse c’è da eliminare la
giuria stessa e lasciare che questo mondo in preda a se stesso si autodistrugga.
Se si vuole invece che questo sia un contesto civile e
assimilabile, per i valori e la correttezza, ad un qualsiasi sport, allora di
buon grado bisogna accettare le regole, il che significa accettare anche le
punizioni senza creare situazioni di disagio e sospetto nei confronti dei
giudici; significa anche riconoscere i propri errori che in ambito sportivo ci
possono comunque sempre essere dato che la lucidità mentale a volte temporaneamente
può venir offuscata dalla fatica. Ma appunto temporaneamente, salvo poi
pubblica auto-ammenda.
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